Descrizione
(2008, pp. 250)
QUESTO TESTO
Alcuni filosofi cristiani del primo Novecento, a cominciare dai neotomisti belgi dell’Università di Lovanio, avevano tentato un recupero della metafisica classica e della sua impostazione gnoseologica di fondo – che modernamente prende il nome di “realismo” – adottando proprio le medesime categorie metodologiche della filosofia che aveva criticato il realismo della metafisica classica, considerandolo “ingenuo” o “dogmatico”. Il risultato di questo tentativo di una giustificazione del realismo metafisico dall’interno del sistema cartesiano, accettandone il metodo con tutte le sue conseguenze immanentistiche – compresa “critica” kantiana della conoscenza – , è stata la proposta di un «realismo critico». A questa proposta Étienne Gilson contrappose, in questo importante saggio del 1935, la tesi che il realismo non è la conclusione cui possa approdare il metodo immanenstistico, ma è semplicemente il metodo contrario, quello che ha in sé la propria giustificazione epistemica, in quanto risponde alle esigenze del pensiero di formalizzare con la riflessione metafisica le certezze originarie del “senso comune”.
L’AUTORE E I CURATORI
Étienne Gilson (1884-1978), uno dei più grandi filosofi del Novecento, è unanimemente apprezzato, oltre che come storico della filosofia, anche come metafisico, e molti filosofi in Europa e in America si riconoscono come suoi allievi. Il testo che ora viene pubblicato per la prima volta in traduzione italiana riguarda il problema centrale della gnoseologia, ossia il metodo della metafisica e la dialettica moderna di immanentismo e realismo, tematica poi ripresa da Gilson in altre due importanti opere non ancora tradotte in italiano: The Unity of Philosophical Experience, del 1937, e Réalisme thomiste et critique de la connaissance, del 1939. L’opera è tradotta e commentata da Antonio Livi, scolaro di Gilson e continuatore della sua riflessione sui temi del “senso comune” e del realismo. Maria Antonietta Mendosa, studiosa anch’essa del “senso comune”, premette all’opera di Gilson un’utile esposizione delle vicende storiche che hanno determinato il dibattito novecentesco sul «realismo critico».
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