Descrizione
IL CONTENUTO
LO STATUS QUAESTIONIS
Marco Bracchi e Giovanni Covino, Quale statuto epistemologico per la teologia
Giuseppe Brienza, La teologia sotto la “dittatura del relativismo”
ESPOSIZIONE DELLA TESI DI LIVI
Francesco Pistoia, Un esempio di carità intellettuale
Fabrizio Renzi, Il discorso sulle istanze epistemologiche della “scientia fidei”
Alessandro Beghini, La teologia come “scienza rigorosa”
Massimiliano Del Grosso, La teologia tra metafisica e fantasia
Serafino Lanzetta, Un contributo alla fondatezza della teologia come scienza
Christian Ferraro, Le premesse epistemiche della “scientia fidei”
SVILUPPI DOTTRINALI
Piero Vassallo, La scienza della fede e la sua filosofica parodia
Dario Sacchi, “Vera e falsa teologia”. Un contrappunto filosofico
Nicola Bux, Lo stato della teologia, “periferia” in cui urge intervenire
Giovanni Cavalcoli, Perché è necessario che si torni a parlare di “eresia”
NOTE CONCLUSIVE
Marco Bracchi e Giovanni Covino, La teologia tra senso comune e metafisica
Antonio Livi, Qualche chiarimento, in dialogo con estimatori e critici
I principali autori dei commenti all’opera di Livi:
Nicola Bux, liturgista, autore di importanti saggi teologici sulla riforma liturgica.
Giovanni Cavalcoli, filosofo e teologo domenicano, docente nello Studio Teologico di Bologna.
Christian Ferraro, filosofo argentino, docente di Metafisica nella Pontificia Università Lateranense.
Serafino Lanzetta, dei Frati dell’Immacolata, teologo, autore di studi storico-teologici sul Conciilio.
Dario Sacchi, autorevole filosofo dell’Università Cattolica di Milano.
Piero Vassallo, filosofo genovese, autore di numerosi saggi di critica storico-teologica.
L’autore delle repliche ai rilievi critici sulla sua opera:
Antonio Livi, filosofo, direttore della collana “Sensus communis”
Casa Editrice –
La verità in teologia. Discussioni di logica aletica a partire da «Vera e falsa teologia» di Antonio Livi e Le premesse razionali della fede e il metodo della teologia,
Recensione di Matteo Andolfo, in «Studi Cattolici» 657 (2015), pp. 832-833.
Il primo fascicolo, con la prefazione e il coordinamento editoriale di Marco Bracchi e Giovanni Covino, è diviso in due parti: nella prima sono presentati gli articoli che analizzano la struttura e gli snodi teoretici fondamentali del testo di Livi, con particolare riguardo alla questione delle istanze epistemologiche della teologia quale scienza della fede, mentre la seconda parte ospita gli interventi che espongono osservazioni critiche alle tesi liviane o ne suggeriscono possibili sviluppi dottrinali.
Di particolare interesse sono i due contributi delle «Note conclusive». Nel secondo, Antonio Livi replica ad alcune delle critiche espresse sulle tesi del suo studio e aggiunge la seguente delucidazione fondamentale: la sua teoria epistemologica denominata logica aletica presuppone che il discorso scientifico si differenzi da tutti gli altri in quanto capace di mostrare il fondamento epistemico della propria pretesa di dire la verità su un determinato tema di ricerca e che tale rigore sia massimamente indispensabile per la scienza della fede, dato che essa è portatrice della verità salvifica per l’uomo. Con «fede» Livi intende il dogma cattolico, ossia l’insieme delle verità contenute nella Scrittura, nei simboli della Chiesa e nelle definizioni del Magistero, perché l’oggetto di una scienza dev’essere determinato e assunto come reale (né falso né ipotetico) e i dogmi conferiscono tali tratti alla verità rivelata, sottraendole ogni carattere di indeterminatezza. Del resto, la rivelazione cristiana è affidata non alla sola Scriptura, ma alla Tradizione della Chiesa in continuità con gli apostoli quali testimoni diretti della risurrezione di Cristo. Nel primo, Marco Bracchi e Giovanni Covino riassumono il nucleo di fondo del saggio liviano – la qualifica di teologia spetta solo a quelle concezioni che procedono con coerenza epistemica dai princìpi della stessa, ossia dalle verità di fede trasmesse dagli apostoli e custodite dal Magistero della Chiesa mettendo in rilevo come tale coerenza sia giudicata dalla logica aletica. Infatti, questa si fonda sulle certezze del «senso comune» nell’accezione di Livi (le evidenze originarie dell’esperienza immediata relative all’esistenza del mondo, dell’io, della libertà, della responsabilità morale e di Dio), che sono la materia della stessa riflessione metafisica, costituendo il primo anello, ineliminabile, delle concatenazioni dei ragionamenti e delle dimostrazioni filosofiche. Di conseguenza, esse divengono un criterio per vagliare la validità delle diverse ipotesi formulate nella ricerca filosofico-scientifica. Per essere vera scienza la teologia presuppone la metafisica, che per disporre di solide basi deve ancorarsi alle certezze dell’esperienza immediata, a cui fa riferimento anche l’enciclica di san Giovanni Paolo II, Fides et ratio, 66, in quanto il mondo e l’uomo sono oggetto anche della rivelazione divina. Pertanto, sistemi filosofici che neghino tali evidenze originarie non sono compatibili con la rivelazione e non possono essere accolti per elaborare una «vera» teologia. Infine, i due studiosi richiamano la corrispondenza tra le certezze del senso comune e i praeambula fidei di Tommaso d’Aquino, ripresi da Livi nel saggio che apre il secondo numero di «Sensus Communis»: essi sono alcune verità naturali, conoscibili dalla ragione umana con le sue sole risorse, che fungono da condizioni necessarie dell’assenso della mente alle verità soprannaturali, rivelate ed eccedenti le capacità conoscitive umane, affinché la mente verifichi la possibilità che i contenuti della rivelazione siano veramente parola di Dio in quanto non assurdi rispetto alle verità naturali e perciò credibili. A ciò si aggiunge la fiducia nella credibilità della testimonianza degli apostoli a cui è affidata la rivelazione, ossia la certezza morale della loro qualità di testimoni. Così l’atto di fede risulta non contrario alla ragione. Tra i praeambula vi è l’esistenza di Dio, che quindi non è oggetto di fede, ma un’evidenza razionale, che la logica aletica rammemora alla teologia, affinché non si serva di filosofie che la negano, altrimenti costruirà solo una giustificazione del fideismo, il quale svilisce l’annuncio cristiano, quasi che non fosse indirizzato all’intelligenza dell’uomo, che è in grado di accogliere la verità ontologica rivelata solo se già ordinata alla verità logica.
Anche il secondo fascicolo, curato da Fabrizio Renzi, è virtualmente diviso in due sezioni: una prima serie di articoli parte dal libro di Livi mettendo in rapporto il metodo liviano con la dialettica neoplatonico-cristiana di Dionigi l’Areopagita, con il pensiero di Gilson, Fabro e Maritain, con le nozioni tommasiane di esse ipsum per se subsistens e di actus essendi, con le concezioni del rapporto tra teologia e filosofia di Duns Scoto e di Ockham, con le riflessioni di Suárez e di Kobylinski, con la teologia di Lonergan, Kenny e Lindbeck.
Un secondo gruppo di articoli sviluppa alcuni aspetti tematici del saggio liviano, evidenziando: come l’abbandono dei praeambula fidei abbia favorito una commistione epistemologicamente infondata di «fenomenologia del sacro» ed elementi biblici liberamente interpretati che ha falsato il significato dell’esperienza religiosa; come il fideismo sia in sé aporetico in quanto il suo agnosticismo teoretico deforma il contenuto kerigmatico della fede; come la teologia si differenzi dalla metafisica perché considera Dio non quale primo ente, ma nella misura in cui Egli rivelandosi ci fa accedere alla sua vita intima (Deità), ma si distingua anche dalla fede, che è la radice della teologia e che trova il proprio spazio nel fatto che l’uomo coinvolto in tale nuova conoscenza di Dio è ancora viator e non già nella visione beatifica. L’atto di credere è anche, ma non solo, una libera decisione della volontà, poiché la mente è sì priva dell’evidenza connessa all’esperienza diretta del suo oggetto, ma non dell’evidenza di credibilità connessa alla prova dell’esistenza di Dio quale Essere indipendente che imposta il rapporto di dipendenza reciproca di tutti gli esseri mondani. Dopo che Cartesio ha posto come punto di avvio della metafisica la sola interiorità coscienziale, escludendo la realtà del mondo, Kant ne ha tratto un imperativo etico universale; tuttavia, Nietzsche ha mostrato che dalla coscienza possono sorgere più morali, anche opposte e come tali non universali, e Lacan ha potuto definire Sade come «la verità di Kant». Su questa linea si è pervenuti al relativismo contemporaneo e al rifiuto di Dio, in cui si può inquadrare anche il «Gesù storico» che a partire dalla teologia liberale è stato contrapposto al «Cristo della fede», perché ha portato a un Vangelo svuotato di sovrannaturale, il cui messaggio salvifico svanisce nell’insignificanza, ma nel cui nome si è sostenuto che la Chiesa lo avrebbe tradìto. Conclude il fascicolo un articolo sulla teologia politica, intesa come falsificazione della teologia in quanto traspone il cristianesimo nell’àmbito del conflitto. Con l’11 settembre 2001 essa ha visto una rinascenza negli USA, nella forma di una «religione della Nazione» di matrice puritana destinata a salvare il mondo nel segno della libertà e della democrazia, ma con l’uso delle armi. Si deve a Giovanni Paolo II un’azione depoliticizzante, che ha impedito di trasformare il conflitto iracheno in una «crociata» planetaria anti-islamica. La contraddizione intrinseca a tale teologia politica cristiana si è evidenziata nell’ispirare un intervento armato in Iraq che ha favorito la distruzione la Chiesa irachena, una delle più antiche. L’errore di tale teologia politica consiste nel concepire il potere come mezzo del rinnovamento religioso del mondo, sicché, se applicata al cattolicesimo, essa riduce la Chiesa a gruppo di pressione che ha bisogno di un antagonista contro cui ergersi per sussistere e dissolve la distinzione tra l’impegno della Chiesa e quello anche politico-sociale dei laici cristiani, scadendo in un «integralismo» che impedisce alla Chiesa di svolgere una missione universale di pace che chiede libertà e rispetto per tutti, non solo per i cristiani. Si tratta, in conclusione, di due miscellanee ricche di approfondimenti e di spunti per ulteriori riflessioni dei lettori.