Descrizione
L’OPERA
Il valore primario della persona, la sua libertà, l’uguaglianza di tutti gli uomini, umili o potenti, famosi o sconosciuti; il valore provvidenziale della storia, la giustizia e la misericordia divina: sono valori che costituiscono l’humus cristiano dell’opus magnum di Dante, che, uniti ai valori della patria, della pace, della famiglia,della lealtà, del rispetto dell’autorità, mutuati dal mondo classico, gettano le basi per il vivere civile che ha caratterizzato per secoli il nostro “Occidente” e che oggi, più che mai, alcuni gruppi di violenti vorrebbero minare con le loro azioni folli. Letta e tradotta in tutto il mondo, la Divina Commedia è uno dei libri più letti dopo la Bibbia. E poiché tanta Bibbia è citata nel “Poema Sacro”, questo lavoro vuole essere una “passeggiata” con Dante pellegrino nei tre Regni ultraterreni, non per obbligo di urgenze scolastiche ma ma nella serena certezza di essere in compagnia di uno tra i più grandi uomini, e uomini credenti, che mai siano stati: Desiderando rendere ragione dell’imponente presenza della Sacra Scrittura nella Divina Commedia, l’Autore augura a tutti coloro che vorranno fare questo e altri cammini con lui, di essere guidati dall’Alighieri, il quale, se da Virgilio, Beatrice e Bernardo di Chiaravalle fu condotto nel suo viaggio immaginario ultraterreno, può ora condurre o continuare a condurre noi nel nostro viaggio reale terreno».
L’AUTORE
Vincenzo Massimo Majuri (1980), sacerdote della diocesi di Messina, insegna Filosofia teoretica e Antropologia filosofica presso l’Istituto teologico “S. Tommaso” ed è docente di Storia della filosofia e di Filosofia sistematica nell’ISSR di Messina. È autore di diverse pubblicazioni, tra le quali L’amicizia è ancora possibile oggi?, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2013.
Casa Editrice –
Majuri Vincenzo Massimo, Dante e la Bibbia. L’ispirazione scritturistica nel viaggio ultraterreno del “Divin Poeta”, “Fede e poesia” 1, Leonardo da Vinci, Roma 2015.
Recensione di Pietro Pizzuto, in Itinerarium. Rivista multidisciplinare dell’Istituto teologico “San Tommaso”, 59-60 Anno 23 – 2015/1-2, pp. 262-263.
Ricorrendo il 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri, Vincenzo Massimo Majuri offre ai cultori del “Divin Poeta” questo contributo sull’ispirazione biblica nella Divina Commedia. L’autore vuole dimostrare come Dante, nel comporre le tre Cantiche, abbia fatto riferimento costante alla Parola di Dio attestata nella Sacra Scrittura. Il volume è un prontuario che individua e raccoglie tutti i testi biblici che hanno ispirato gli endecasillabi dell’Alighieri; vengono prese in considerazione non solo le citazioni esplicite ma anche quelle implicite. A questo proposito vale l’osservazione dello studioso Angelo Penna (riportata a p. 54), per il quale non è sempre facile stabilire la dipendenza tra il testo della Commedia e l’implicito fondamento biblico; per cui una valutazione della questione dell’ispirazione biblica nella Divina Commedia resta pur sempre aperta ad ulteriori precisazioni. Majuri elenca sinotticamente i passi biblici incolonnandoli accanto al testo poetico; poi, alla fine di ogni Cantica, li riporta per esteso. La traduzione del testo biblico non è quella ufficiale della CEI del 2008 (come erroneamente indicato nelle note bibliografiche premesse al testo), bensì la versione ufficiale del 1974. Questa scelta non viene giustificata dall’autore. A mio avviso, si tratta di un contributo utilissimo, da affiancare ai commentari della Divina Commedia per averne una conoscenza più appropriata. Sarebbe stato prezioso se l’autore avesse offerto un quadro sintetico sulla quantità di citazioni per testo biblico così da individuare immediatamente se Dante avesse nutrito particolari preferenze tra i testi biblici. Con questo contributo Majuri fonda ulteriormente l’interpretazione cristiana della Commedia, smentendo ancora una volta le ideologiche interpretazioni laiciste; Inferno, Purgatorio e Paradiso sono tre Cantiche di profonda ispirazione religiosa e radicate nella Bibbia. Nell’introduzione (pp. 19-32) l’autore evidenzia come il testo di Dante sia stato costantemente considerato nel Magistero pontificio a partire da Benedetto XV. In appendice (pp. 341-363) vengono riportati i due testi magisteriali più significativi: la lettera enciclica In praeclara summorum di Benedetto XV, del 1921 (in occasione del VI centenario della morte) e la lettera apostolica Altissimi cantus di Paolo VI, del 1965 (in occasione del VII centenario della nascita e non del VI come indicato). Riguardo alla presentazione dei riferimenti danteschi nel magistero pontificio, Majuri si ferma a Benedetto XVI e alle sue illuminanti parole; poteva anche aggiungere un importante riferimento alla lettera enciclica Lumen fidei di Papa Francesco che cita Dante per presentare la connessione tra fede e luce. La citazione è tratta dal canto XXIV del Paradiso (cf. Lumen fidei n. 4) e si intuisce subito che si tratta di un tema tipicamente ratzingeriano che avrebbe completato perfettamente quanto Majuri ha riportato del magistero di Benedetto XVI (pp. 23-24); inoltre, l’autore si sofferma proprio sul canto XXIV del Paradiso per argomentare la fede dell’Alighieri circa l’ispirazione della Bibbia (pp. 67-72). Prima di elencare e citare i passi biblici, nella parte centrale del saggio, l’autore offre tre contributi: un quadro storico di Firenze nel secolo di Dante (pp. 33-37); un profilo biografico (e non autobiografico come appare detto nelle testatine) (pp. 39-52); una presentazione del rapporto di Dante con la Scrittura. Su quest’ultimo contributo mi soffermo perché è quello più specifico. Majuri si pone in continuità con gli studiosi che hanno preso in considerazione la relazione di Dante con la Bibbia; egli ravvisa però che tali studi sono ormai datati e necessitano di un aggiornamento (p. 53). In nove pagine dense di citazioni l’autore offre una presentazione sintetica sull’ispirazione biblica delle altre opere di Dante (p. 55-63). Riguardo alle questioni inerenti alla Scrittura vengono riprese per lo più le conclusioni di Penna: Dante utilizza due linee interpretative, quella letterale e quella allegorica (pp. 60-61. 63-67); la traduzione di riferimento è la Vulgata (p. 61); Dante cita anche i testi deuterocanonici (p. 61); la Scrittura è considerata un’auctoritas in quanto vera e ispirata (p. 62); l’ispirazione viene creduta sulla scorta del compimento delle parole profetiche (pp. 70-71); Dante è cosciente che esiste un’interpretazione definitiva del testo biblico che è quella della Chiesa nel suo Magistero e che si può verificare un uso distorto della lettera della Scrittura (pp. 62-63). Tutte queste questioni sono davvero interessanti e meritano un ulteriore approfondimento per vedere fino a che punto Dante possa essere considerato un qualificato testimone della comprensione ecclesiale circa ispirazione, canone ed ermeneutica biblica.